Intervista a Herbert Hoffman

Intervista a Herbert Hoffman

Vi avevamo già parlato di Herbert Hoffman, il tatuatore più anziano in attività, che pochi giorni fa ha partecipato alla Florence Tattoo Convention. Navigando nell’immenso mare della rete ci siamo imbattuti in un’interessante intervista fatta proprio a Herbert….leggiamola insieme!

– Herbert, quando ha cominciato a fare tatuaggi?
All’età di 30 anni, nel 1949.
– Come mai solo allora?
Bè, prima ero…prigioniero!
– Quando la catturarono?
Durante la Seconda Guerra mondiale. Fui preso prigioniero dai sovietici. Nel 1949 ritornai in Germania.
– Fu in Russia che vide per la prima volta i tatuaggi?
Ma no! Non era possibile…Non c’era l’occasione! Io ho aspettato quindici anni prima di poter coltivare la mia passione: nella Germania nazista i tatuaggi erano proibiti.
– Una passione nata fin da giovanissimo allora…
Sì, fin da bambino. Ho sempre desiderato avere addosso un tattoo. I miei genitori e i miei nonni prima di me, avevano avuto la stessa passione.
– Qual è stato il primo tatuaggio che ha fatto?
L’ho fatto a mano, è questo qui (sulla mano destra, nella fotografia, ndr.), si chiama “Fede, Speranza e Amore”. Ho imparato a fare tatuaggi semplicemente osservando gli altri che li facevano.
– Lei ha tutto il suo corpo completamente ricoperto di tattoo, perché?
Per me è necessario che sia così. È un bisogno. Ereditato dai miei genitori e dai miei nonni che non erano tatuati ma avevano sempre avuto questo desiderio. Mi sono tatuato io anche per loro!
– Quanti tatuaggi ha?
Oltre mille, ovunque. Ma neppure uno sul viso e sul collo. Lì non mi piace. E comunque…le persone tatuate accettano i non tatuati! Perché voi non sapete cosa significa e che cosa si prova ad avere il corpo decorato.
– Bè, grazie…per lei cosa significa?
È la mia vita. Significa toccare il cielo con un dito. Quando ho ricevuto il primo tattoo, poi il secondo, e il terzo, e così via…ogni volta è come se fossi salito in paradiso.
– A quale è più affezionato?
A quelli che ho sulle mani (sulla mano destra “Fede, Speranza e Amore”; sulla sinistra una Rosa dei Venti, ndr.). Quando ero tutto proibito si facevano sulle mani: era una prova di coraggio, perché erano immediatamente visibili. Ho sempre voluto anche io essere così.
– Continua a lavorare a pieno ritmo?
Quattro anni fa ho rallentato il ritmo…ho novant’anni! Adesso faccio solo autografi con la mia firma sulla pelle di chi me lo chiede…
– Che cosa prova quando incide il corpo di qualcuno?
Quando mi accorgo che la persona è felice, allora anche io sono felice. Se, guardandosi allo specchio, il mio cliente è contento, per me questo è il massimo, me ne frego di cosa possa pensare chi non ama i tatuaggi.
– Il tatuaggio quindi è un atto di libertà?
Forse è qualche cosa di più. Per me tatuare una persona che lo desidera è aiutarla a realizzare il suo sogno.
– Qual è il disegno sulla pelle più caro a Herbert Hoffmann?
Uno dei miei marchi di fabbrica: un’aquila ad ali spiegate. Fattibile solo e soltanto sul petto e non sulle spalle.
– Niente ali sul retro, dunque…
No, perché altrimenti nel muovere spalle e scapole sembra che spicchiamo il volo. Fa ridere!
– Lei allora non esegue tutto ciò che le chiedono di incidere sulla pelle…
Sì, invece. Il cliente è il re! Ho il mio book di disegni, ma la cosa più importante è ciò che la persona desidera.
– Chi sono i suoi clienti?
Persone di ogni genere. Anche medici, architetti, avvocati, gente molto istruita. Gente venuta dall’Austria, dalla Svizzera, dall’Italia. Dal vostro paese ho avuto molti clienti, ma siccome nessuno parla il tedesco, ho imparato l’italiano io, da autodidatta…Una vota ebbi un cliente così appassionato che prendeva apposta l’aereo da Roma per venire da me ad Amburgo a farsi tatuare.
– Quindi anche i Vip?
Attenzione, per lungo tempo, i tatuaggi li hanno portati solo persone degli strati sociali più bassi, oppure i criminali. I borghesi e le persone importanti consideravano disdicevole avere addosso un tattoo. Per loro era un fattore di degrado, e guardavano i tatuati dall’alto verso il basso, come dei poveracci. Esclusi i re, naturalmente.
– Esclusi i re?
Sì, principi, re e signori d’Europa erano invece liberi di fare ciò che volevano e quindi potevano tatuarsi senza temere la riprovazione sociale.
– Lei però ha lavorato per “liberare” i tatuaggi dall’essere un simbolo scandaloso sul corpo delle persone.
Sì, perché quando ero giovane e vivevo nella Germania nazista, mi sono convinto che si dovesse fare di tutto per diventare tolleranti verso il bodypainting. E oggi fare e farsi un tatuaggio è cosa normale, accettata. Prima assolutamente non era così, quindi per me personalmente tutto questo è un successo.

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